Quel mesto sogghignare.
2) Crocevia della morte (1990)
Il Tom Reagan di Gabriel Byrne non ha esattamente i caratteri propri di un gangster, eppure lo è. Miller’s crossing non ha gli stilemi classici del genere in questione, eppure lo è. Al loro terzo film, i fratelli Coen ridefiniscono il genere che tanta fortuna ha portato a registi del calibro di Francis Coppola e Martin Scorsese. Anni ’20, proibizionismo, boss della malavita, sangue a volontà; insomma niente di nuovo sotto il sole. Eppure Crocevia della morte più lo guardi e più ti convinci che non ha eguali nella storia del cinema. Sarà quell’andatura compassata ma inesorabile – ricca di colpi di scena – verso un finale forse non a sorpresa ma assolutamente convincente; sarà quella macchina da presa che percorre il Miller’s crossing col naso all’insù, là dove guardano gli alberi; sarà quel senso di ineluttabilità che ti avvolge per l’intera durata della pellicola; in ogni caso Crocevia della morte assomiglia talmente tanto a un capolavoro che molto probabilmente lo è.
1) L’uomo che non c’era (2001)
Una prova di regia e messa in scena assolutamente magnifica per uno dei film più belli della storia del cinema. Un bianco/nero abbagliante svela la storia del grigio e insignificante barbiere Ed Crane – l’uomo che non c’era – anche perché nessun colore sarebbe stato in grado di descrivere al meglio l’odissea di un uomo che non vive ma si lascia vivere, incapace di esistere e comunicare e che, suo malgrado, si ritrova coinvolto in una spirale tragica da lui stesso generata. L’antieroe coeniano alla disperata ma silenziosa ricerca di un’occasione – illusoriamente intravista nella giovane Birdy, sensuale Lolita – per evadere dalla quotidiana apatia di cui è irrimediabilmente schiavo. Ecco il noir secondo i Coen. Un noir assolutamente atipico, ma perfettamente rispondente ai canoni classici del genere. Accecante. Come la dissolvenza in bianco che chiude il film, per uno dei finali più potenti e significativi mai realizzati.